All’Ospedale Piemonte l’Ufficio Assistenza Stranieri dell’Irccs Centro Neurolesi “Bonino Pulejo”

Anche l’Irccs Centro Neurolesi “Bonino Pulejo” diventa un centro #migrant-friendly. È stato infatti istituito lo scorso 3 novembre l’Ufficio Assistenza Stranieri, in rispetto del D.A. n 02183/12 con il quale sono state approvate le “Linee guida per l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri (extracomunitari e comunitari) della regione Siciliana”.
Oltre a garantire un’ottimale ed uniforme erogazione dei servizi sanitari, l’obiettivo prioritario è quello di sensibilizzare il personale ospedaliero sulle differenze etnico-culturali secondo gli obiettivi della Dichiarazione di Amsterdam (9/11 dicembre 2004) nella quale sono contenute specifiche raccomandazioni per i sistemi sanitari europei affinché divengano  “organizzazioni accoglienti per gli immigrati e culturalmente competenti, per sviluppare servizi individualizzati da cui ogni paziente possa trarre giovamento”, con la consapevolezza che “gli investimenti nell’aumentare la rispondenza ai bisogni della popolazione a rischio, saranno un passo importante verso la garanzia e lo sviluppo globale”
Porre l’attenzione alla diversità culturale e superare le barriere linguistiche e culturali mediante la realizzazione di un servizio di mediazione linguistico-culturale: questi alcuni degli obiettivi specifici dell’Ufficio, attivato presso l’Ospedale Piemonte.
«In una società sempre più multietnica e in rapida trasformazione – spiega la dott.ssa Vittoria La Malfa, responsabile dell’Ufficio Assistenza Stranieri – la cura della salute è senz’altro tra le sfide più importanti in quanto richiede una medicina culturalmente sensibile in grado di stabilire un contatto con altri universi simbolici e culturali, un nuovo approccio ai modelli interpretativi e terapeutici occidentali che spesso si rivelano incompatibili e inadeguati per l’immigrazione con i relativi problemi sociali e psicologici. Dunque è sempre più impellente l’urgenza di fondere e sintetizzare saperi diversi che aiutino a trovare altri modi di concepire la malattia, lo stato di sofferenza e la cura, anche attraverso un’ottica di tipo antropologico e transculturale, che qualifichi, insieme con la salute dell’uomo, la promozione della sua dignità e della sua cultura, nonché la difesa della vita».

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