Lo scopo era di somministrare illecita di manodopera a favore delle aziende clienti, celata sotto forma di falsi appalti di servizi
Misure cautelari per 15 persone (2 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 9 destinatari di interdittiva), altri 14 indagati, sequestro di 28 società e di beni mobili e immobili per 8,2 milioni di euro.
Questo il risultato di una operazione della Guardia di finanza che ha visto impegnati oltre 120 finanzieri nelle province di Catania, Caltanissetta, Messina, Siracusa, Ragusa, Trapani, Cosenza, Vibo Valentia, Napoli, Roma, Viterbo e Varese.
Le indagini hanno portato alla luce un diffuso sistema di frodi fiscali, realizzato attraverso la creazione di consorzi di imprese. Lo scopo era di somministrare illecita di manodopera a favore delle aziende clienti, celata sotto forma di falsi appalti di servizi.
Il fenomeno illecito era particolarmente diffuso tra le imprese operanti nel settore turistico-alberghiero di Sicilia, Calabria e Lazio. Provocava una ingente evasione di imposte e contributi previdenziali.
Come funzionava il sistema di frode
I consorzi (con sede legale a Roma e Firenze) e società consorziate (oltre 26 susseguitesi nel tempo distribuite tra le province di Milano, Firenze, Roma, Catania e Messina), erano tutte prive di una propria organizzazione, di mezzi e senza l’assunzione di alcun rischio d’impresa. Avevano un ciclo di vita molto breve durante il quale avrebbero accumulato, senza onorarli, ingenti debiti tributari.
Tali soggetti giuridici erano rappresentati da prestanome, spesso nullatenenti e privi di competenze professionali adeguate al ruolo apparentemente rivestito. Operavano come serbatoi di manodopera.
Sarebbero stati utilizzati esclusivamente per assumere un numero elevatissimo di lavoratori, per la maggior parte provenienti dalle aziende divenute clienti, per poi metterli a disposizione proprio di queste ultime sotto forma di appalto di servizi fittizio.
In realtà, come emerso dalle investigazioni, i lavoratori non hanno mutato né sede lavorativa, né qualifica professionale, rimanendo, di fatto, alle dipendenze dell’originario datore di lavoro per continuare a svolgere le proprie ordinarie mansioni.
Lo scopo sarebbe stato dunque quello di esternalizzare, solo in apparenza, la forza lavoro, in modo da conseguire diversi vantaggi.
I vantaggi illeciti
Per le società clienti, i vantaggi erano rappresentati dalla maggiore flessibilità a fronte di una riduzione di costi sul lavoro. Era possibile, infatti, modulare l’entità della manodopera in base alle esigenze di periodo e, al contempo, risparmiare sugli oneri retributivi, assicurativi e previdenziali.
Venivano effettuati licenziamenti fittizi dei dipendenti delle aziende che erano assunti dalle aziende consorziate. Inoltre, la stipula (solo formale) di un contratto di appalto avrebbe consentito alle clienti di detrarre l’iva applicata in fattura (non genuina) relativa ai “presunti servizi” erogati.
Società “cartiere” solo per emettere fatture false
Gli ideatori del “sistema consorzio” ottenevano ingenti profitti illeciti derivanti dal mancato pagamento allo Stato dei debiti erariali. Erano neutralizzati attraverso indebite compensazioni con crediti IVA inesistenti derivanti dal simulato acquisto di beni strumentali da società “cartiere”, in realtà appositamente costituite dal sodalizio criminale per emettere fatture false.
Quest’ultima operazione è risultata essenziale nella filiera del sistema fraudolento in quanto, beneficiando di compensazioni con crediti inesistenti, le consorziate hanno potuto certificare al cliente finale di avere “correttamente” assolto agli obblighi di versamento. Fornivano, infatti, la certificazione di regolarità contributiva (da INPS o INAIL competente per territorio) ovvero il modello DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). L’escamotage ha consentito di aggirare le disposizioni introdotte dal legislatore per contrastare il fenomeno delle somministrazione illecita di manodopera.
Frode per svariati milioni di euro
E’ stato stimato che, negli ultimi 5 anni, il giro di fatture “false” legato al sistema di frode nel suo complesso sarebbe stato pari a oltre 56 milioni di euro di imponibile e oltre 13 milioni di IVA. Ciò garantiva profitti illeciti all’associazione a delinquere per oltre 8 milioni di euro, la metà dei quali distribuita agli organizzatori del sistema sotto forma di compensi professionali, stipendi, rimborsi spese.
Il nuocleo dell’organizzazione in uno studio di un commercialista di Catania
Le attività di indagine hanno permesso di comprendere che il centro decisionale di tutto il sistema fraudolento era a Catania, presso lo studio di un commercialista e del suo collaboratore.
I due sono considerati promotori e organizzatori del sodalizio criminale sebbene gli stessi non abbiano ricoperto alcun ruolo formale nei consorzi e nelle consorziate, nonostante che le società avessero sede legale in diverse province italiane (Milano, Firenze, Roma, Messina e Catania), talvolta presso civici inesistenti o locali vuoti e/o in disuso.
Ideatori coadiuvati anche da una rete commerciale in Calabria e nel Lazio
Per la realizzazione del disegno criminoso, i predetti ideatori del “sistema consorzio” sarebbero stati coadiuvati da una serie di partecipi all’associazione a delinquere e da altri collaboratori esterni ad essa.
Tra i primi vi è un soggetto originario di Cosenza, ritenuto responsabile e referente della rete commerciale in Calabria e nel Lazio, uno di Catanzaro, ritenuto referente di alcune strutture ricettizie operanti in Calabria, nelle plurime vesti di imprenditore, professionista, consulente del lavoro.
Gli altri collaboratori, esterni alla compagine criminale, sarebbero costituiti da una serie di fedeli personaggi, in tutto 9, pronti ad assumere il ruolo di amministratore di diritto delle diverse società via via costituite, facendo da paravento all’attività svolta dai suddetti indagati e informandoli anche nei casi di avvio di attività ispettive da parte di reparti territoriali della Guardia di finanza.
Conclusione operazione
Al termine del’operazione i finanzieri hanno posto agli arresti domiciliari quattro persone. Nove persone sono destinatarie del divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche per un anno: sono tre uomini e sei donne, tutti siciliani.
Il gip di Catania ha disposto anche il sequestro di 28 società che, secondo l’accusa, sarebbero utilizzate per realizzare il sistema di frode. Sequestrati anche beni mobili e immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
La guardia di finanza ha eseguito delle perquisizioni di locali e informatica nei confronti dei rappresentanti legali delle aziende «clienti» che avrebbero usufruito maggiormente della somministrazione illecita di manodopera. Le 28 società interessate dal provvedimento hanno sedi a Catania, Firenze, Roma, Pomezia (Roma), Milazzo (Messina), Milano e a Guidonia Montecelio (Roma).
gli arresti domiciliari per gli altri 4 partecipi all’associazione a delinquere e il divieto per un anno di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche per i restanti 9 soggetti, ritenuti più stretti collaboratori dei suddetti promotori;
- il sequestro di 28 società, utilizzate per realizzare il sistema di frode, nonché di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo di oltre 8,2 milioni di euro.
Nel corso dell’esecuzione dei provvedimenti del G.I.P. si è parallelamente proceduto alla perquisizione locale e informatica disposta dal P.M. inquirente nei confronti dei rappresentanti legali delle aziende “clienti” che appaiono aver usufruito maggiormente della somministrazione illecita di manodopera, al fine di raccogliere ulteriori elementi indiziari a riprova dell’ipotesi di reato a loro ascritta di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e della sussistenza di responsabilità amministrativa, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, in capo alle società da loro amministrate per i vantaggi che avrebbero ottenuto dalla frode.
L’attività si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura e dalla Guardia di finanza di Catania a tutela della finanza pubblica, con lo svolgimento di complesse indagini volte, da un lato, a tutelare le imprese sane dalle più insidiose forme di frode fiscale, contrastando fenomeni illegali in grado di distorcere le regole della libera concorrenza, e, dall’altro, a garantire il recupero degli illeciti proventi dell’evasione, da destinare, una volta definitivamente acquisiti alle casse dello Stato, anche a importanti interventi economico e sociali