Giallo ad Hammamet, morto ex 007 messinese per avvelenamento

L’ex agente messinese sarebbe deceduto dopo aver ingerito una bevanda alcolica artigianale simile al nocino, un altro agente segreto è in gravi condizioni

La polizia tunisina ha aperto un’inchiesta sul caso di un cittadino italiano – residente in Tunisia – morto a Hammamet, nel nord-est del Paese. Si tratta del messinese di 60 anni ex dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) in pensione Giuseppe Maio. Secondo fonti giudiziarie sentite da “Agenzia Nova”, il cittadino italiano sarebbe morto dopo aver ingerito una bevanda alcolica che era stata prodotta in casa.

L’incidente sarebbe avvenuto a casa di un altro cittadino italiano, “durante una cena tra otto amici”. Almeno tre italiani sarebbero ricoverati al centro antiveleno di Tunisi, mentre un altro, finito in coma farmacologico, è ancora ricoverato al policlinico di Hammamet.

L’altro, secondo l’agenzia di stampa tunisina, sarebbe un agente dei servizi segreti italiani (Aisi) che ha partecipato la scorsa settimana alla cena ad Hammamet, avvelenato da una sostanza che gli inquirenti tunisini definiscono “cianuro”, e lotta tra la vita e la morte.

Dopo essere entrato in coma farmacologico, sembrava che il suo stato di salute fosse migliorato, ma in realtà le sue condizioni sarebbero peggiorate, in quanto la sostanza tossica avrebbe compromesso organi interni.

I due hanno avvertito i classici sintomi di avvelenamento dopo avere ingerito, durante la cena un liquore prodotto in casa simile al “nocino”, ottenuto attraverso la fermentazione in alcol etilico di noccioli di pesco.

Secondo il racconto dei superstiti, il primo ad ingerire la stessa bevanda è stato l’ex agente messinese dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) Giuseppe Maio. Stando a quanto appreso da “Nova”, un uomo e una donna, che hanno partecipato alla cena e non residenti ad Hammamet, sono rientrati in Italia da diversi giorni.

La polizia tunisina ha aperto un’inchiesta sull’incidente. Sebbene dettagli sugli esami e i risultati dell’autopsia siano coperti dal segreto istruttorio, fonti giudiziarie tunisine avrebbero confermato che la causa della morte è “avvelenamento da cianuro”.

Chi avvalora la tesi dell’incidente afferma che il nocciolo del pesco contiene una sostanza chiamata amigdalina, di per sé innocua, ma che può liberare acido cianidrico, il cianuro appunto.

Gli agenti della “Brigade Criminelle” della Polizia tunisina non hanno tuttavia potuto verificare le quantità contenute nel liquido perché il proprietario della casa in cui si è svolta la riunione si sarebbe sbarazzato della sostanza, rovesciando la bottiglia nel lavandino prima del loro intervento.

Gli agenti coinvolti facevano parte di una squadra che aveva partecipato alle indagini culminate nell’arresto, lo scorso agosto in Tunisia, di Angelo Salvatore Stracuzzi, noto come “re del calcestruzzo”.

L’uomo, 57 anni, era stato coinvolto nelle operazioni antimafia “Progresso” e “Progresso 2”, ma non è mai stato condannato. Nel 2016, la Guardia di Finanza gli aveva confiscato beni per un valore di 19,5 milioni di euro.

Attualmente è sottoposto ad una misura cautelare in carcere in Italia, per presunti reati di trasferimento fraudolento di valori, turbata libertà degli incanti ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso. È questo contesto ad aver suscitato dubbi, facendo pensare a qualcosa di più che un banale incidente.

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