“Maria è arrivata qui terrorizzata. Tremava e si guardava intorno come un animale braccato”. A parlare è la dottoressa Teresa Di Nuzzo, dirigente dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico di Messina. Sta parlando di una delle tante, sempre più numerose donne, vittime di violenza, che decidono di chiedere aiuto alla Polizia di Stato. “Maria, ovviamente, non è il nome reale della donna. La vittima è tutelata e la sua identità riservata, sempre. Non è sulla vittima che vogliamo puntare i riflettori, ma sul fenomeno”.
Un fenomeno in crescita e trasversale, i numeri parlano chiaro: la violenza sulla donna coinvolge ogni ceto sociale. Generalmente la violenza fisica si accompagna a quella psicologica. Le donne che denunciano raccontano di intimidazioni, minacce gravi, umiliazioni di ogni tipo. Emerge il numero di casi in cui si verifica un controllo ossessivo della vittima, una gelosia patologica con il conseguente isolamento da amici e persino dai familiari più vicini.
Negli ultimi 12 mesi, la Questura di Messina ha trattato numerosi casi di violenza sulle donne, molti dei quali verificatisi tra le mura domestiche. Sono, infatti, quasi sempre i compagni e i mariti a vessare le vittime. Uomini che, in un crescendo di violenza e sopraffazione, rendono la vita delle conviventi un inferno. E questo rende la denuncia ancora più difficile.
“Le indagini sui casi più complicati”, aggiunge la dottoressa Rosaria Di Blasi, dirigente la Sezione dei reati contro la persona in danno dei minori e reati sessuali della Squadra Mobile di Messina, “ci dimostrano che la donna decide di chiedere aiuto dopo un lungo percorso: spesso crede che si sia trattato di un caso, che sia un momento, un attimo di crisi. Si ha paura per i figli. Sono tante le vittime che tacciono e sopportano <per il bene dei bambini>, che invece diventano vittime a loro volta, spesso testimoni di insulti, minacce, vere e proprie aggressioni. Vivono sulla loro pelle il clima di tensione e paura quotidiane”.
In molti dei casi verificatisi a Messina e provincia nel 2016, la donna ha interrotto la relazione con l’uomo – marito, fidanzato, convivente – sperando di risolvere il problema. Spesso, in numerosi casi, l’uomo “abbandonato” ha continuato a vessare l’ex, anche per anni.
“Ricordo il caso di Lucia. Si era rifatta una vita, un nuovo compagno. Ma l’ex ha continuato a pedinarla, a mandare sms, ad aggredirla persino in strada. Nel mirino è finito anche il nuovo compagno, minacciato espressamente insieme ai familiari più stretti, madre-padre-fratello, agli amici intimi. A volte non si fermano neanche davanti ad estranei, che so, sul posto di lavoro dell’ex. Nel caso di Antonia, l’ex è arrivato a minacciarla e a tirarla per un braccio qui, in caserma, davanti ai poliziotti. Siamo intervenuti subito. L’abbiamo arrestato”.
Oggi la legge relativa alla violenza sulle donne è uno strumento utile ed efficace. Con il reato di stalking o atti persecutori si è data una risposta sanzionatoria a condotte che venivano inquadrate nei meno gravi delitti di minaccia, violenza privata o molestie. E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta cagionando un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ingenera un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva e costringe a modificare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. Ulteriori aggravanti sussistono se il fatto è commesso in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità.
Esistono poi nuovi strumenti come la possibilità, nel caso in cui non sia stata sporta querela e non siano stati perpetrati reati procedibili d’ufficio, di rivolgersi al Questore che, quale autorità di pubblica sicurezza, assunte le necessarie informazioni, può sanzionare l’autore del reato di stalking con il provvedimento dell’Ammonimento.
“Occorre denunciare però. E permettere ai poliziotti di intervenire”. L’impegno della Polizia di Stato è massimo e il numero di casi e quindi di donne aiutate ad uscire da situazioni terribili è il risultato di una continua collaborazione con la Procura di Messina. La sinergia è indispensabile per trovare soluzioni specifiche, caso per caso.
Di sinergia si è parlato anche al convegno nazionale “Vittime Consapevoli ed Inconsapevoli: Violenza di Genere ed Abuso sui Minori”, tenutosi a fine ottobre a Taormina. L’evento, organizzato da Ordine Nazionale degli Psicologi, Polizia di Stato e Associazione Italiana Psicologia Giuridica, è stato frutto di un protocollo d’intesa tra l’Ordine degli Psicologi della Sicilia, la Polizia di Stato e le Procure Distrettuale e per i Minorenni di Catania, il primo del genere in Italia, uno strumento eccezionale di supporto alle attività, un approccio trasversale per fronteggiare il problema.
La Polizia di Stato sta cercando di operare su più fronti, anche su quello mediatico. La campagna Questo non è amore diffusa attraverso il sito ufficiale Polizia di Stato è presente sui maggiori social, Facebook, Twitter, YouTube. Sono stati registrati spot con il contributo di personaggi famosi come Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Lino Banfi affinché passi il messaggio che sopportare, giustificare, ignorare condotte di questa natura non si deve. Che occorre denunciare.
Il progetto #Questononèamore prevede la presenza di un camper, con a bordo operatori altamente specializzati, presente nelle piazze delle città italiane per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della violenza di genere e accogliere ed aiutare le persone vittime. Sui camper sono presenti anche psicologi e rappresentanti di associazioni in grado di supportare chi chiede aiuto e fornire tutte le informazioni necessarie. Il progetto ha come finalità la creazione di un contatto diretto tra le donne e un team di operatori specializzati pronti a raccogliere le testimonianze dirette di chi, spesso, ha paura a denunciare o a varcare la soglia di un ufficio di Polizia. Il camper è attivo già in 15 città italiane.