Uno spettacolo di forte impatto emotivo “La Fata Morgana, fantasia su un mito”, andato in scena alla sala Laudamo, nell’ambito della rassegna Show-Off. Scritto, diretto e interpretato da Marica Roberto, “La fata Morgana” è il fenomeno di rifrazione della luce tipico dello Stretto di Messina, già consegnato al mito, che diventa teatro di denuncia. La reinterpretazione fantastica al servizio della più cruda realtà, l’imperativo di urlare, quello ancora più perentorio di ricordare. “Non so perché gira vota e firrìa / l’amore entra di qua l’amore esce di là / non so perché in tutte le mie storie / sempre inciampo in questa cosa qua / l’amore che viene l’amore che va”. Ché tutto inizia sempre da lì: dall’amore. O meglio, da ossessioni d’amore. E fata Morgana, che è fata d’acqua e fatta d’acqua, che è madre, figlia, sorella, moglie infelice, amante felice, miraggio, racconta le storie di nove donne che hanno pagato con la vita quel sentimento. Nove vittime della criminalità organizzata, con tutto il loro carico di coraggio e dolore, alle quali il prepotente monologo di Marica Roberto dà nuovamente vita. I quattordici anni di Maria e il suo amore per Mario che le dice “prostituisciti” si infrangono nel rifiuto della ragazza. “E che si può dire di no?”
A Maria hanno dato fuoco. La forestiera venuta dal Nord e che, per amore, apprende quel Sud che contiene tanto sole. E sangue. Sola con il suo coraggio di denunciare, con quello di fuggire. Il mare restituirà pezzi di lei ai genitori tredici anni dopo. Santa e il suo fidanzato in carcere. Santa che diventa moglie, ricca, imprenditrice. Santa che è sola. Santa che vuole denunciare. Santa che chiede a gran voce il pentimento del marito. Santa che è pazza. Bianca, felice e sgambettante, alla quale la libertà sembra una cosa normale. Diciassette anni e il coraggio di andare al Nord, per trovarlo “uguale” al Sud. E ciononostante Bianca vuole lasciare il compagno. Ma lì lasciare è disonorare. Il compagno l’ammazzò, la bruciò, la tagliò. Tra le altre, anche una donna boss, rispettata dalla criminalità organizzata. Lei che però vuole fare l’infermiera. Lei che vuole lasciarsi la Mafia alle spalle e inseguire il sogno di un amore pulito. “Non sai che non si può fare?” – le dice la madre. E davvero non si poteva fare.
La fata Morgana veste i panni di ciascuna di loro e via via li dismette. In quella carrellata di vittime che mette paura. L’autrice, contro la distorsione dell’informazione, affida alla scena la verità di un codice mafioso che non risparmia, come si suole erroneamente pensare, le donne. Quella, ancor più allargabile, dell’amore che inganna, dell’amore che non è amore. La vibrante recitazione di Marica Roberto, attrice messinese diplomata alla scuola di Strehler, si avvale dell’erudito impasto tra lingua e dialetto e delle intense sonorità musicali tratte dalla più autentica traduzioni siciliana. Sono Carmelo Cacciola (chitarra, liuto cretese, voce), Pietro Cernuto (zampogna, friscaletti, marranzano, tamburello, voce) e Francesco Salvatore (tamburi a cornice, voce) ad accompagnarla in quel tortuoso viaggio di dolore e coraggio tra le donne, la criminalità e l’amore.